Cosa sono i Brain rot e perché stanno spopolando sui social

Cosa sono i Brain rot e perché stanno spopolando sui social

È il fenomeno del momento nel mondo digital della Generazione Z. Ma non è solo “marciume”: i Brain rot sono molto di più. 

Non chiamatelo “marciume”, o almeno non solo. Se anche voi ne avete sentito parlare e vi state chiedendo il significato di brain rot, partiamo da qui. Ovvero dalla traduzione letterale. Brain rot significa per l’appunto “marciume cerebrale”, ed è un termine che negli ultimi mesi è passato dall’essere un’espressione ironica usata per descrivere l’eccesso di consumo di contenuti online futili, a identificare un vero e proprio stile visivo.  

Un linguaggio memetico e un trend virale, che ha cominciato a invadere social come Tik Tok e in generale tutte le piattaforme popolate dai più giovani. Il più delle volte, con specifiche strategie alle sue spalle. Anche se forse si tratta solo della versione di ultima generazione di un fenomeno non così nuovo. 

E noi come sempre proviamo a vederci chiaro.

Cosa significa davvero "brain rot"

Lo abbiamo anticipato nell’introduzione. Il termine “brain rot” nasce nel web come modo colloquiale per descrivere la sensazione di torpore mentale e perdita di concentrazione che si prova dopo ore passate a guardare contenuti senza valore: video brevi, meme ripetitivi, gameplay rumorosi, compilation di momenti assurdi, suoni in loop. 

In senso metaforico, si parla di un “marciume” del cervello causato dal sovraccarico di stimoli inutili o eccessivamente semplici. Il concetto è vicino a quello di “doomscrolling”, ma con un tono ancora più ironico, autoindulgente e a tratti parodico. 

I “sintomi” più comuni del brain rot:  

  • Stanchezza mentale
  • Perdita di focus
  • Scroll infinito senza interazione attiva 
  • Uso passivo dei social
  • Consumo ripetitivo di contenuti nonsense 

Il brain rot come trend visivo: estetica e personaggi

Nell’ultimo anno però il concetto di brain rot è passato dalla teoria alla forma. Il trend ha infatti preso letteralmente vita sui social, soprattutto su TikTok, Instagram e YouTube Shorts, in una nuova estetica visiva. I brain rot sono quindi divenute immagini, generate attraverso l’intelligenza artificiale, capaci di mettere insieme: 

  • Animazioni grezze, volutamente brutte o disturbanti
  • Colori fluo e sfondi psichedelici
  • Personaggi assurdi, spesso antropomorfi o deformati
  • Musichette ripetitive, frasi nonsense e remix distorti 

A dare il via a questa ondata è stato il successo di nonsense virali come Tralalero Tralala e Bombardiro Crocodilo, animali inquietanti, deformi e illogici, spesso accompagnati da filastrocche irritanti, blasfeme o… semplicemente stupide. 

Tra i Brain rot italiani, come non citare

  • Tung Tung Tung Sahur
  • Trippi Troppi
  • Ballerina Cappuccina
  • Spadaccino Formaggino 

E la lista è in continua evoluzione, alimentata dalla creatività collettiva di internet.

Perché il brain rot ci piace così tanto

Il successo del brain rot è nel suo essere paradossale, da ogni punto di vista. È un contenuto “povero”, che imita la bruttezza e l’assurdità, ma che funziona in modo incredibilmente efficace. I motivi sono diversi: 

1. Immediatezza 

Non serve pensare, né capire: lo guardi, ridi, scrolli. È puro consumo emotivo e visivo. 

2. Ironia postmoderna 

Il brain rot è quasi una parodia del contenuto stesso. Chi lo guarda spesso lo fa con consapevolezza, ridendo del fatto che sia assurdo. 

3. Rottura della perfezione 

Dopo anni di estetiche iper-curate e vite digitali patinate, il brain rot è un ritorno al caos, al disordine e alla libertà creativa grezza. 

4. Partecipazione 

Il trend è partecipativo: chiunque può remixare, imitare, creare nuovi personaggi. Il meme si evolve in tempo reale. 

Brain rot, niente di nuovo (forse)

In realtà, guardandola da un altro punto di vista, può essere che dietro a questo trend non ci sia poi tutta questa novità. Gli osservatori più attenti infatti hanno già osservato come le “creazioni” ricordino molto il fenomeno Pokémon, o andando ancora più indietro, a quello degli Sgorbions, che impazzavano negli anni ‘90.

Non a caso, la stessa diffusione dei personaggi è già stata seguita dalla nascita di gadget, spin off e carte da gioco che sull’onda del successo condiviso, continuano a macinare visualizzazioni. 

E i brand stanno a guardare? Certo che no. Ci sono infatti già i primi tentativi di monetizzare anche su questo fenomeno, messi in campo da aziende come Ryanair o Duolingo.

Brain rot: una risposta culturale?

Al di là della superficie, il brain rot è anche un modo con cui le nuove generazioni raccontano il proprio rapporto con internet: 

  • L’incapacità di staccarsi dai social
  • Il bisogno di contenuti semplici e rassicurante
  • L’autoironia come forma di difesa
  • La ricerca dell’imperfezione, in un mondo che ci ha abituato solo a contenuti sempre perfetti 

In un certo senso, è una risposta satirica alla sovrabbondanza di contenuti, e un modo per sopravvivere alla fatica digitale. 

Come sottolinea anche Wired, l’inserimento del termine nell’Oxford Word of the Year 2024 è a tutti gli effetti un indicatore: il brain rot riflette il bisogno collettivo di nominare la confusione cognitiva dell’iperconnessione. Chi ride guardando video nonsense spesso riconosce anche il disagio di sentirsi intrappolato in un flusso continuo di contenuti che sembrano insensati ma irresistibili. 

Ecco, allora, il vero significato con cui dovremmo considerare questo trend: non è solo intrattenimento estremo, ma un gesto di auto-riflessività. È il cervello che, saturo, ride di sé stesso. E proprio questa consapevolezza è la sua forza. 

Per questo, prima di scrollare di nuovo, vale la pena fermarsi un attimo. Anche il marciume cerebrale può rinfrescare le idee — ma solo se ci accorgiamo di aver bisogno di… lavarci la testa. 

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